Un Libro per Natale: Moda tra identità e comunicazione di Marcella Sardo

Intervista di Ginebra Barbetti del 28 novembre 2009

In cosa sei attualmente impegnata: Mi occupo della redazione del giornale online Corriere Informazione, uno strumento di informazione puntuale, che mette in rete le conoscenze del mondo del lavoro con quelle della Pubblica Amministrazione e dell’Università, nella consapevolezza che, la possibilità di accesso a un’informazione trasparente e aggiornata rientra, oggi, a pieno titolo tra i fattori competitivi dell’impresa.
Dove vivi: Caltanissetta
Sito personale: Pagina Facebook con l’utenza “Marcella Sardo Pullerone”
Parlaci di te: quali sono le caratteristiche personali del tuo carattere, gli obiettivi che ti proponi di raggiungere in ambito lavorativo? Mi reputo una persona solare ed estroversa, curiosa e intraprendente. Nel lavoro non mi sono mai posta un limite: se desidero una cosa cerco di formarmi culturalmente e professionalmente per raggiungerla. Al contempo non “punto un ideale” e indosso i paraocchi ma, in modo diametralmente opposto, mi interesso a tutto ciò che mi circonda, con la convinzione che mi garantirà dei frutti. Attualmente mi sento abbastanza soddisfatta professionalmente, anche se il mio lavoro ideale è quello di Carrie Bradshaw in Sex and the City. Il personaggio, interpretato da Sara Jessica Parker nella famosa serie televisiva, aveva una rubrica personale sulla rivista “Vogue” in cui scriveva delle mode e tendenze - o meglio potremmo utilizzare il termine anglofono “Costum” - di New York.
Com’è nata l’idea del libro? Sono sempre stata una persona che rifiutava l’atteggiamento di molti miei coetanei di accettare, in modo incondizionato, le tendenze imposte dalla società. Crescendo ho mantenuto il mio “spirito libero”, votato alla personalizzazione dello stile, seppur prendendo come riferimento gli indumenti che mettevano in mostra nelle vetrine o nelle riviste di moda. Giunto il momento della scelta della tesi di laurea ho vissuto una svolta e ho consapevolmente scelto di “andare a fondo” e capire il perché di questi miei atteggiamenti culturali. Mi piace ripensare al quel periodo come un “viaggio” alla scoperta del mio “io” più profondo, dell’ “es” Pirandelliano che, tumultuoso, desiderava emergere nella mia personalità. Ho trovato, e indossato, delle “lenti culturali” e queste mi hanno consentito di “vedere”, per la prima volta, il mondo in cui vivevo e le regole che la moda, creatura duttile e dinamica, imponeva alla massa. Mi sono resa conto che io, con il mio stile di abbigliamento, cercavo di “differenziaziarmi” dalla massa, così come spiega Simmel nel suo saggio “die mode” ma, in alcune occasioni, mi adattavo ai gusti delle donne con cui interagivo, quasi come se, scegliendo l’abbigliamento condiviso, volessi passare inosservata.
La mia tesi di laurea, quindi, è stata il “bozzolo” dal quale è nata la “farfalla”, il mio libro. Mi piace pensare che la lettura di “Moda tra identità e comunicazione. L’abito e la costruzione dell’io sociale” sia interpretata come il viaggio che ogni donna compie per conoscere qualcosa in più di sé stessa e, al contempo, un manuale per ogni uomo che vuole comprendere meglio il mondo che circonda la propria donna.
Indicami i siti di moda che preferisci e i tuoi tre stilisti di riferimento. Non ho un sito internet preferito per quanto riguarda l’ambito della moda. Mi reputo, come ho detto, una persona curiosa, attenta ai particolari e alle innovazioni. Mi piace navigare nel web per trovare sempre nuovi spazi virtuali e comprendere, a livello sociologico, la società che viviamo. Mi piace scoprire gli artisti emergenti, i progetti sperimentali, le “piccole grandi” idee che nascono in un contesto locale. Un esempio, in tal senso, è il museo del costume di Scicli (RG) (http://www.aspcodecms.com/demo/museo/museo.WRL) che, grazie alla passione di alcuni abitanti del paese, ha realizzato un “museo virtuale”, oltre a quello reale, nel quale navigare in 3D, quasi come se si “volasse” tra gli abiti antichi.
Per quanto riguarda gli stilisti di riferimento non credo di averne uno “prediletto” ma, al contrario, sono le mie emozioni a orientarmi. Fino a qualche anno fa vestivo quasi esclusivamente “Benetton”, la linea fresca, giovane, casual si adattava perfettamente sia al mio fisico, alto e magro, sia al mio stile di vita. Certamente non bisogna dimenticare Roberto Cavalli che, con il suo stile non fa mai passare la donna inosservata. Ultimo, ma non per importanza, il brand Dolce&Gabbana che, a mio parere, libera la donna moderna dagli schemi preordinati in cui era stata relegata nel passato e le restituisce sensualità e anticonformismo. Nel complesso mi ritengo una forte sostenitrice del pensiero di Moschino che incitava le donne a “vestirsi come volevano e non come dovevano”. Realizzare un pastiche di stili e tendenze, abbinare capi di diverse case di moda è ciò che più mi incuriosisce e mi fa sentire “unica” e veramente originale.
Quali sono secondo te i colori e gli stili in & out di questa stagione? Per questa stagione autunnale sto apprezzando molto il ritorno dominante del blu in tutte le sue gradazioni: borse, abiti, scarpe e accessori sono esposti nei negozi in modo olistico. Concordo in pieno con l’abbinamento con il viola, ormai da molti anni liberato “dall’onta degradante” di colore “porta-sfortuna” per imporsi, con periodicità frequente, nei nostri armadi.
Il colore che, decisamente, indico con il “pollice in giù”, con la stessa veemenza di un imperatore romano davanti ai gladiatori, è il beige. La gradazione, infatti, risulta nei pigmenti del fenotipo italiano, molto pallido, un “tono su tono “che non è molto facile da portare se non si accompagna con punte sgargianti di colori, uno fra tutti il rosso Valentino.
La moda porta con sé i revival e, negli anni passati, siamo tornati a “giocare” coi vestiti delle mamme e metterci nei loro panni; le super-mini degli anni ’60, colori e fantasie degli anni ’70 erano molto divertenti, ma reputo il ritorno in questa stagione degli anni ’80 uno stile “out”. Questa affermazione la motivo con due argomentazioni, innanzi tutto perché abbiamo ancora “relativamente” fresca la moda di quegli anni, in cui noi, giovani donne, cominciavamo a decidere cosa comprare e cosa, invece, scartare. Una seconda motivazione è che, i modelli di quell’epoca, in realtà, “soffocavano” il corpo femminile in immensi maglioni che troppo lasciavano all’immaginazione.

Fonte:fashionblog.it

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