Con Alice in Wonderland di Tim Burton gli abiti diventano metafora dell’identità
Nel 2010 il genio
di Tim Burton si è imposto nelle cinema di tutto il mondo con una trasposizione
cinematografica delle celebri opere di Lewis Carroll "Alice nel Paese
delle Meraviglie" e "Attraverso lo specchio e quel che dietro Alice
vi trovò".
Al di là della
storia conosciuta da grandi e piccini e della brillante interpretazione di
Jonny Depp, attore ormai icona dei film del creativo regista americano, tanto
altro deve essere apprezzato di questo spettacolare film che riesce a riunire,
in una sola storia, l'aura magica e ricca di significato di Walt Disney.
Ciò che certamente
incuriosisce gli appassionati di moda e semiotica dell'abbigliamento è il look sfoggiato da Alice durante il suo viaggio in
bilico tra la realtà e la meravigliosa immaginazione.
Se il cartone
animato del 1951 vedeva una graziosa bambina con un abitino azzurro con gonna
ampia e un grembiulino bianco, il film girato quasi 60 anni dopo, invece,
utilizza ben 7 costumi per la protagonista che entrano in scena ogni volta che
la storia assume una nuova connotazione e porta Alice verso un nuovo destino da
affrontare.
Gli spettatori più
attenti, certamente, li avranno contati ma, per tutti gli altri, ecco un breve
riassunto.
1. All'inizio del
film Alice si reca alla festa da ballo con un abito azzurro senza curarsi
troppo delle regole in voga in quel periodo e non indossa "né calze né
corsetto" (come immediatamente nota con indignazione la madre della
protagonista).
2. Alice,
rimpicciolita, perde il suo abito e rimane con quella che doveva essere la sua
sottoveste. L’abito, sempre con le tinte dell’azzurro, è legato al collo
e lascia scoperte le spalle e le braccia.
3. Alice diventa
sempre più piccola e il "cappellaio matto", esperto sarto
interpretato da Jonny Depp, le modella immediatamente un nuovo abito con gonna
in tulle e un fiore blu sul petto (lo sfarfallio delle forbici inevitabilmente
riporta la mente la performance dell'attore in un altro film cult di Tim
Burton, "Edward Mani di Forbice").
4. Alice allunga
"come un gigante" e la regina rossa le fa cucire un abito con tinte
di rosso e di nero. La protagonista, a questo punto, abbandona il colore tenue
che ancora la identificava con il personaggio del cartone animato del 1951.
Questo segna un passaggio fondamentale del personaggio che, crescendo, invece
che assecondare la crudele megera reagisce accettando il suo destino.
5. Alice si reca
dalla regina bianca, riacquista la sua statura e cambia nuovamente d’abito.
Questa volta si tratta di una tunica bianca che scende morbida sul suo corpo.
6. Alice paladina
combatte contro il drago e indossa l’armatura che rievoca negli animi dei
telespettatori (probabilmente più nelle donne), l’idea di Giovanna D’Arco.
7. Alice esce dalla
tana del coniglio, sceglie di rifiutare la proposta di matrimonio con un uomo
che non ama e parte per nuove avventure di vita. L'abito finale è un completo
da viaggio.
Ogni cambio d'abito segna una tappa del film: dall’adolescente che – suo malgrado – si trova in una società ricca di regole di “buon costume” (inteso non soltanto come abito ma anche come abitudini e consuetudini) fino agli abiti che più le si addicono, quelli della libertà di pensiero e di azione.
E gli abiti che
indossa nel percorso altro non sono che la risposta alla domanda che aleggia in
tutto il film: “Chi è Alice? Sei tu Alice? Sei quella Alice?”
Dalla regina bianca
a quella rossa, dal cappellaio matto (che non ha dubbi: "lei è Alice")
alla madre (ancorata alle leggi dettate dalla società). Tutti vogliono dare
un’identità alla protagonista che cerca, per tutto il film, di “vestire gli
abiti” che le “cuciono” addosso e, obbediente anche se con difficoltà, cerca di
accontentare tutti.
“Alice, devi
essere tu a decidere perché quando andrai davanti al drago sarai sola”.
E’ questa la frase
di svolta per la protagonista che comprende la necessità di cominciare a
scegliere autonomamente e di portare avanti le proprie idee. Ed ecco che, pochi
minuti dopo, gli spettatori assistono ad una Alice che “sceglie” di indossare
prima l’armatura e poi gli abiti da viaggio. Alice, finalmente, è cresciuta, è
diventata una donna matura capace di “vestire l’identità che più ritiene
opportuna”.
Una metafora che
non è da leggere come adatta soltanto per personaggi di fantasia come
"Alice" ma da applicare concretamente alla propria vita. Non è un
caso che il termine "costume" sia, in realtà sinonimo di
"abbigliamento" e di "stile di vita". Alla fine di ogni
percorso di vita un individuo, guardandosi indietro deve poter essere certo di
aver valutato attentamente ogni "abito" come riflesso del proprio
"io interiore".
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