Gemelli nel viso e nei vestiti: i tranelli sui quali le mamme non devono cadere

Quando nasce un bambino, amici e parenti sentono il “bisogno” di esprimere il proprio parere sostenendo la loro teoria quasi fosse una “legge insindacabile”. Un atteggiamento che, come spiegato sul portale Familydea, si amplifica soprattutto se si tratta di gemelli e si orienta, principalmente, sull’abbigliamento.
Nella “vita reale” il mondo delle mamme si divide tra quelle che amano vedere due piccoli “cloni” – soprattutto nei casi in cui i figli siano omozigoti (fisicamente identici, per intenderci)- e quelle che, invece, con attenzione cercano già dalla nascita di valorizzare la personalità di ciascun figlio attraverso gli indumenti.
Cosa c’è di sbagliato a vestire i propri figli con capi identici?
Secondo il parere degli esperti non è certamente lesivo, qualche volta, vestire i piccoli in modo identico o con capi uguali dai colori differenti purché questo non diventi la regola quotidiana. Ai genitori è affidato il ruolo di non far sentire ciascun figlio soltanto “la metà di una coppia” ma un individuo dalla personalità autonoma e unica. Non è un problema, se per esigenze di spazio o piacere, la camera da letto sia condivisa dai fratelli ma lo sarebbe chiamarli genericamente “i gemelli” senza pronunciarne i nomi.
Il trucco da seguire, dunque, è quello di trattare i gemelli come “fratelli coetanei” e lasciare a loro la scelta di condividere o differenziare il guardaroba. Soprattutto nei primi anni, ma anche durante l’adolescenza, è fondamentale incentivare la costruzione del sé e valorizzare l’autonomia decisionale al di fuori della coppia.

Gli psicologi di comunicazione di moda, infatti, sostengono che l’abito sia un “biglietto da visita” che agisce ancor prima della parola per trasmettere alla società il proprio modo di essere e due individui con gli stessi tratti somatici, taglio di capelli e indumenti, potrebbero avere maggiore difficoltà a far emergere la propria personalità in modo autonomo.

Fonte: Familydea

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